Abolire il Senato e ridurre a 315 i deputati

Abolire il Senato e ridurre a 315 i deputati

Lanciata
9 gennaio 2019
Petizione diretta a
Camera dei deputati e
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Lanciata da ilmigliorista.eu

Da quasi quarant’anni - dalla commissione Bozzi del 1983 – si parla di riformare il sistema istituzionale italiano. Troppo spesso sono state avanzate proposte di pura e artificiosa ingegneria costituzionale oppure sono state individuate soluzioni di breve respiro, spesso costruite sul momento politico contingente. Le riforme istituzionali valgono se guardano al futuro, ad un assetto destinato a durare nel lungo periodo, creato per le future generazioni.  Purtroppo in questi anni sono prevalsi piccoli interessi politici e nessuna visione strategica: basti considerare che in vent’anni abbiamo avuto quattro leggi elettorali, una peggio dell’altra. 

L’assetto istituzionale deve essere oggi rivisto alla luce degli sviluppi in corso e di quelli futuri. L’Europa, con i suoi organi, il Parlamento e la Commissione europea, hanno, già adesso e nel futuro ancora di più, competenze e funzioni sovranazionali, su temi e materie che fino a qualche decennio fa erano compito degli Stati nazionali: basti pensare alle attività finanziarie e monetarie, che erano un esercizio tipico, una prerogativa costitutiva degli stati nazionali.  In futuro, se vorranno contare ancora in un mondo di rapporti multilaterali sempre più complessi, nel contesto di equilibri internazionali profondamente mutati rispetto alla date di avvio e di sviluppo dell’unione europea, gli europei dovranno avere una Europa unita con  competenze sulla politica estera, sulla sicurezza interna ed esterna, sulla migrazione, sul fisco, sulle tutele previdenziali e assicurative, sull’assistenza sanitaria, sulla istruzione secondaria e universitaria, sulla formazione post-universitaria, sul lavoro e l’economia, sui diritti di cittadinanza e di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. Piaccia o non piaccia, sempre più saremo cittadini europei, con forti legami alle nostre radici locali. Per questo, pur con contraddizioni, difficoltà e lentezze, dovrà andare avanti su scala europea il riconoscimento del regionalismo e delle autonomie locali, come istanza più vicina ai cittadini, quindi più capace di cogliere i necessari adeguamenti legislativi e amministrativi, legati alle particolarità regionali e locali. D’altra parte, accanto a regioni che hanno già dimensioni pari a quelli di alcuni stati europei – l’Ungheria ha meno abitanti della Lombardia, per fare un esempio – si dovrà andare ad accorpamenti in macroregioni, che possano essere più efficienti ed efficaci, con minori costi di esercizio, in una dimensione ottimale di governo territoriale e di gestione dei servizi.

Ecco dunque, le ragioni essenziali per andare a una semplificazione del nostro sistema istituzionale. Nel momento in cui già registriamo e sempre più saremo costretti a registrare una diversa distribuzione di poteri e competenze tra Unione Europea e Regioni, dobbiamo superare un assetto previsto prima dell’avvio della comunità europea, e quindi eliminare il bicameralismo ed andare ad un Parlamento, che, mantenendo il suo prioritario ruolo di rappresentatività del popolo italiano, sia più snello.  Si tenga conto delle dimensioni del Parlamento europeo (751 deputati per 500 milioni di abitanti ) o si faccia un raffronto con la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ( 435 deputati per 328 milioni di abitanti).

Ci sembra dunque che il numero di 315 deputati (numero previsto oggi per la composizione del Senato, che si propone di abolire, insieme al Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro) sia ragionevole per assicurare un’adeguata e proporzionale rappresentanza territoriale del popolo italiano.

Per tante buone ragioni, dunque, proponiamo:

“Il Parlamento è costituito dalla Camera dei Deputati, che è eletta a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno compiuto i 18 anni di età.

Il numero dei deputati è di 315.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto il ventunesimo anno di età.

È abolito il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro”

 

 

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