Cantare Bella Ciao in faccia ai fascisti non è reato! L’antifascismo non si arresta!

Cantare Bella Ciao in faccia ai fascisti non è reato! L’antifascismo non si arresta!

Lanciata
26 febbraio 2021
Petizione diretta a
Tribunale di Modena
Firme: 28.974Prossimo obiettivo: 35.000
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Perché questa petizione è importante

Lanciata da L'antifascismoNONsiArresta

A Carpi (MO) ventisei antifascistƏ sono in attesa di sentenza per essersi avvicinati nel 2017 a un presidio di Forza Nuova.
Una testimone ha aggravato la propria posizione dichiarando di aver cantato Bella Ciao in quella occasione.
L'accusa si basa sull'art. 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, emanato durante il regime fascista e in contraddizione con la libertà di riunione e di espressione sancite dalla Costituzione italiana.

Chiediamo la completa assoluzione di tuttƏ gli e le antifascistƏ alla sbarra e la messa in discussione di una legge anacronistica e di chiaro stampo liberticida, tanto più se applicata in questi termini con il chiaro scopo di spezzare l'azione antifascista.

No, noi non ci stiamo e chiamiamo alla mobilitazione di tutte quelle realtà, movimenti e singoli cittadini e cittadine che si definiscono antifascistƏ.

Una mobilitazione virtuale ma anche e soprattutto fisica, partecipando e organizzando presidi e iniziative a supporto dei e delle compagnƏ colpiti da repressione!

La storia:
La sera del 4 agosto 2017, a Carpi si tiene una manifestazione di Forza Nuova, autorizzata dalla Questura, davanti a un palazzo destinato dall'amministrazione comunale a ospitare alcuni richiedenti asilo, al grido di 'Stop accoglienza business'.
Una novità per la città, una parte della quale si mobilita spontaneamente per dimostrare quanto ritenga inaccettabile il presidio di una organizzazione di estrema destra, ispirata a principi razzisti e neofascisti, a cui invece è permesso manifestare davanti alle abitazioni di privati cittadini.
Sindaco, ANPI, ARCI, CGIL e il mondo dell'associazionismo organizzano in piazza un presidio democratico e antifascista in concomitanza con la manifestazione di Forza Nuova che si tiene in zona stadio. Tanti partecipano, altri si recano direttamente sul luogo del ritrovo dei militanti di estrema destra, altri ancora al termine del presidio in piazza si ritrovano lì, con l'intenzione di dimostrare pacificamente, con la sola presenza, il proprio dissenso.
I forzanuovisti invece iniziano a inveire contro chi non è letteralmente dalla loro parte della strada (sì, la manifestazione si tiene al bordo di una delle principali direttrici della città, via Carlo Marx, chiusa per l'occasione, e dal lato opposto assistono cittadini e residenti). Brandiscono bandiere e bastoni e sono arginati da un cordone di polizia in difficoltà a contenere i più esagitati che cercano lo scontro. Uno di loro aggredisce un agente di polizia in borghese, colpito in testa da un'asta con violenza: dovrà ricorrere al Pronto Soccorso per il trauma cranico subito. Davanti ai manifestanti si crea un vuoto, riempito solo dagli agenti e da sporadici botta e risposta verbali. Tanti cittadini cantano Bella Ciao e canti popolari, altri assistono increduli alla scena che termina intorno alle 22 con la partenza dei militanti di Forza Nuova, venuti non si sa bene da dove e scortati dalla polizia. A chi rimane resta l'amarezza per aver assistito a una violenza ingiustificata nei confronti di chi esprime pacificamente la propria diversa e opposta opinione.

Un mese dopo, il 1° settembre, Forza Nuova torna incredibilmente a manifestarsi a Carpi. La città è militarizzata, le vie intorno al ritrovo chiuse, le forze di polizia impiegate sono il quadruplo di agosto.
Di nuovo si tiene in contemporanea un presidio antifascista di cittadini, tenuto a distanza da agenti e transenne. Fine del primo atto.

Primavera del 2018. Le elezioni consegnano il governo al centrodestra. Subito dopo, a maggio, dal Tribunale di Modena arrivano ventisei notifiche di condanna per manifestazione non autorizzata ad altrettante persone presenti in zona stadio la sera del 4 agosto 2017. Procedimento nato come 'decreto penale di condanna inaudita altera parte' - ovvero condanna in assenza delle parti e senza processo, una pena già assegnata la cui unica alternativa per chi la riceve è l'avvio dell'iter di opposizione e l'apertura di un processo. Tra i ventisei è citato (e condannato) anche un ragazzo che quella sera non si trovava a Carpi, mentre a un altro è contestato il possesso di un tirapugni che non ha mai avuto con sé. La condanna prevede per ciascuno quindici giorni di arresto commutati in ammenda di 1.125 euro. Nella stessa notifica compaiono altre due condanne a militanti di Forza Nuova per aggressione (al poliziotto ferito e al gruppo degli antifascisti): un mese di arresto commutato in ammenda di 2.250 euro.

Due cose colpiscono: la singolarità dell'accusa, che condanna 26 persone andate spontaneamente sul luogo della manifestazione, e l'evidenza dell'applicazione di due pesi e due misure, laddove la violenta aggressione fisica da parte di un esponente di Forza Nuova - autorizzato a manifestare - è punita con un migliaio di euro in più rispetto alla presenza pacifica alla medesima manifestazione, ma con una opinione diversa, di cittadini liberi, tra i 20 e i 60 anni, che non immaginavano di dover chiedere alcun permesso per spostarsi di casa quella sera. Altro peso ancora, inspiegabile rispetto alle pene previste per chi ha usato violenza, è utilizzato nei confronti di chi è accusato di possedere, senza aver usato, un tirapugni: 4 mesi di carcere commutati in 9.000 euro di multa.
Una terza singolarità è l'elevato numero dei condannati: circa un terzo di chi assisteva quella sera sgomento allo squallido spettacolo dei dimostranti di Forza Nuova è raggiunto dal decreto penale. Il solo fatto di essere lì, quella sera, per il Tribunale di Modena costituirebbe reato. Non si tratta di semplici denunce ma della emissione di decreti penali di condanna con esecuzione immediata, salvo immediata opposizione da parte delle persone coinvolte. I 26 condannati prendono contatti tra loro, nominano un avvocato difensore e rintracciano i testimoni necessari per la futura udienza.
Dopo altri due anni e mezzo i testimoni dell'accaduto vengo convocati in Tribunale all'udienza, fissata il 5 febbraio 2021.

Nel corridoio fuori dall'aula 11 del Tribunale di Modena ci sono una ventina di persone in attesa di testimoniare. A giudicare dagli spazi ridotti, il Covid non sembra esistere se non per i cartelli 'Non sedersi qui'. Fra i primi a deporre c'è una donna che racconta come sono andate le cose quella sera. Il pubblico ministero le chiede se quella sera ha cantato, lei risponde di sì. Le domanda se può essere più precisa, se ricorda quale canzone, lei risponde Bella Ciao. La deposizione viene a questo punto interrotta dal giudice e la testimone deve nominarsi seduta stante un avvocato, poiché si profila anche per lei la stessa accusa a carico dei condannati: manifestazione non autorizzata, in base all'articolo 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) che punisce chi prende parola in una riunione pubblica come se ne fosse l'organizzatore. Secondo il PM, aver cantato Bella Ciao equivale ad aver preso parola e ad aver organizzato una riunione senza permesso.
L'assurdità della situazione è superata solo dall'incredulità per l'accanimento, che continua anche nei confronti degli altri testimoni, ai quali viene ripetutamente chiesto se abbiano cantato o sentito qualcuno cantare quella sera. A una ragazza viene chiesto di cercare di ricordare quali, se fossero "canzoni di Claudio Baglioni o piuttosto canti politici".

A Modena, nel 2021, è in corso un processo nei confronti di uomini e donne che hanno cantato Bella Ciao per esprimere il proprio dissenso nei confronti di una manifestazione di Forza Nuova, nella quale la violenza è venuta dagli stessi dimostranti di FN regolarmente autorizzati. La condanna verrebbe comminata in base all'art. 18 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza), legge emanata nel 1931 durante il regime fascista in un quadro di generale repressione del dissenso. Una disposizione in contraddizione con due articoli della Costituzione italiana: l'art.17, che sancisce la libertà di riunione, e l'art. 21, che garantisce la libertà di espressione del proprio pensiero, tanto che la stessa Corte Costituzionale è intervenuta più volte per dichiarare l'incostituzionalità di varie parti di tale articolo.

Nel 2011 a Isernia si tenne un analogo processo, conclusosi con l'assoluzione di sette antifascisti che cantarono Bella Ciao nel corso di un'assemblea pubblica. L'assoluzione si è accompagnata al deferimento presso la procura e in sede disciplinare del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari per verificare l'ipotesi di abusi giudiziari a danno degli antifascisti assolti.

La sentenza del processo modenese è fissata per il 23 aprile 2021. Alla vigilia del 77° anniversario della Liberazione dal nazifascismo si saprà se cantare Bella Ciao, a Modena, costituisce reato.

*** AGGIORNAMENTO ***

LA PROCURA DI MODENA CHIEDE DI QUADRUPLICARE LE PENE AI/ALLE 26 ANTIFASCISTƏ
Sentenza rimandata al 16 Luglio 2021.

*** AGGIORNAMENTO ***

il 16 luglio, presso il Tribunale di Modena è stata pronunciata l’attesa sentenza di primo grado del processo a carico delle/dei 26 antifascistə che nel 2017 contestarono pacificamente un presidio di Forza Nuova a Carpi.

Il Giudice Francesco Cermaria ha innanzitutto condannato a 6 mesi di arresto e 2 mila euro di ammenda un compagno per aver impugnato per qualche secondo un moschettone (normalmente utilizzato come portachiavi) come deterrente di fronte all’improvvisa aggressione dei forzanovisti.
A lui va la nostra piena solidarietà. Solidarietà che si concretizzerà fin da subito con la copertura delle spese legali per ricorrere in Appello.
Ribadiamo forte e chiaro: nessuno resta solo di fronte alla repressione!

Il giudice Cermaria è riuscito a demolire la linea d’accusa proposta dalla Pm ignorandone il principale capo d’imputazione, ovvero l’aver preso parola durante una manifestazione non autorizzata (comma 3 dell’art. 18 TULPS).
In un delirio repressivo quella che è stata una contestazione pacifica – in cui il dissenso verso chi propaganda odio razziale e xenofobo è stato espresso attraverso canti della Resistenza e slogan – diventa un’adunata sediziosa armata con lo scopo di sovvertire l’ordine pubblico (art. 655 del Codice Penale, arresto fino a 1 anno e comunque non inferiore a 6 mesi).
A tutte le 26 persone coinvolte vengono inoltre imputate grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità (art. 20 TULPS), oltre che il rifiuto di obbedire all’ordine di discioglimento della manifestazione (art. 24 TULPS, arresto da 1 mese a 1 anno e ammenda fino a oltre 400 euro).
Per due compagni le ipotesi di reato prevedono anche porto di armi o oggetti atti ad offendere (art. 4 della L. 110/75, arresto da 3 a 6 mesi e ammenda fino a 20 mila euro). Elemento - quest’ultimo del possesso di armi - del tutto inedito, mai emerso né dalle indagini del Gip né da quelle della Pm e nemmeno da precedenti udienze.

Attendendo le motivazioni della sentenza per capire quali fossero queste famigerate armi, ci preme porre l’accento su altri elementi che aiutano a comprendere l’assurdità della questione.
Stupendoci con effetti speciali, tra i/le 26 antifascistə per i quali sono ipotizzati i suddetti capi d’accusa continua a figurare un ragazzo che, come emerso in fase di udienza, la sera del 4 agosto 2017 non si trovava in Via Marx a Carpi e che è stato erroneamente identificato mediante confronto tra i filmati della Digos e il suo documento d’identità risalente a svariati anni prima.
In ultimo, tra tuttə coloro che da testimoni hanno confermato di aver partecipato alla contestazione, l’unica ad essere inserita nell’elenco dei/delle 26 è colei che ha anche ammesso di aver intonato canti della Resistenza, in particolare “Bella Ciao”.
Il canto continua quindi ad essere una discriminante nel definire i/le partecipanti alla presunta adunata sediziosa ARMATA.

Il quadro che emerge, che da un lato non può che lasciare allibiti, non è che la conferma di ciò che andiamo dicendo da tempo: in un Paese che si è dotato di una Costituzione che poggia le basi su valori e ideali della Lotta di Liberazione dal nazifascismo è vergognoso che Questure e Prefetture continuino a legittimare gruppi o partiti dichiaratamente neofascisti concedendo loro agibilità politica e spazi pubblici, mentre Procure e Tribunali si accaniscano contro gli antifascistə ricorrendo agli articoli del TULPS e del Codice Penale ereditati rispettivamente dal Regio Decreto del 1931 e del Codice Rocco di epoca fascista.
Un accanimento giudiziario sempre più palese che non può lasciare indifferente chiunque si riconosca in quei valori e ideali dell’antifascismo.

Rinnoviamo l’impegno ad alimentare ed allargare quella rete solidale sempre più ampia e variegata costruitasi negli anni intorno alle persone coinvolte in questo assurdo e rocambolesco processo, rivendicando le pratiche dell’antifascismo militante.
In un clima da Ventennio fascista continuiamo a Resistere.
Continuiamo a contrastare con ancora più forza e ostinazione ogni fascismo e ogni discriminazione, continuiamo a lottare unitə contro la repressione di Stato.
Se ne faccia una ragione la Magistratura tutta: qui non si arretra di un millimetro!

L’ANTIFASCISMO NON SI ARRESTA! 

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Decisori

  • Tribunale di Modena