#Stop143bisCognomeMaritale - Risolvere la liturgia maschilista dei cognomi

#Stop143bisCognomeMaritale - Risolvere la liturgia maschilista dei cognomi

Lanciata
2 giugno 2019
Petizione diretta a
Marta Cartabia (Ministra della Giustizia) e
Firme: 656Prossimo obiettivo: 1.000
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Perché questa petizione è importante

Lanciata da Iole Natoli

Milano, 2 Giugno 2019, Festa della Repubblica

Ill.mo Presidente Mattarella; Egr.i Presidenti delle Camere, Casellati e Fico; Egr.i Presidenti delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato; Egr. Presidente del Consiglio Conte; Egr.i Ministri Bonafede e Benetti,

il 23.10.2015, tramite lettera segnalavo al Capo dello Stato una mia Petizione diretta al Parlamento della Legislatura precedente, in cui rilevavo come la soppressione della modifica del 143bis dal testo camerale originario del Ddl 1628 - poi approdato al Senato e lì defunto - lasciasse inalterata la violazione degli artt. 8 e 14 della CEDU, perpetrata dalla legge n.151 del 19 maggio 1975, ancora vigente.

Prevedevo altresì una modifica di tale articolo, diversa e utile a superare ogni riserva, in un’altra mia Petizione annunciata nel 2018 alla Camera e al Senato, dal titolo “Disposizioni sul Nome della Persona e sul Cognome dei Coniugi e dei Figli”.

Esprimo oggi altre considerazioni conseguenti all'arcaica presenza in molte schede elettorali del “cognome maritale”, rilevata nel maggio dell'anno corrente, situazione che ha già dato già luogo a nuove richieste altrui sul tema, con le quali concordo.

La sentenza della Cassazione Sez. I Civ. del 13.07.1961 n.1692 stabiliva, dopo stringenti analisi, che l’assunzione del cognome del marito prevista dall’art. 144 del Reg. Decr. 16.03.1942, n. 262 sulla “potestà maritale” non potesse rivestire carattere coattivo.
La riforma del diritto di famiglia del 1975 sopprimeva però quell’articolo sostituendolo con il 143bis di cui si discute, per il quale la donna non più “assume” ma “aggiunge al proprio cognome quello del marito” e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.

Ne è conseguito che, dimenticato il senso delle pertinenti osservazioni della sentenza del 1961 citata, detta ”aggiunta” sia stata e sia ritenuta talora inderogabile, rispuntando qua e là in un modo o nell’altro, in contrasto anche con la sentenza della Corte di Giustizia UE del 2.10.2003, resa sul caso C-148/02 nei confronti del Belgio, nonché di un parere emesso dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con cui si vieta la modifica dei cognomi attribuiti alla nascita nei casi di trascrizione degli atti di nascita per i nati all’estero e ciò perché il mantenimento del cognome originario, senza manipolazioni di sorta, è un diritto inviolabile della persona umana.

Né questa dimenticanza è casuale. Un altro articolo del c.c., il 156 bis (Cognome della moglie), infatti recita: «Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito [143bis], quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio». Il fatto stesso che sia prevista un'autorizzazione al non uso, ristretta ai casi di "grave pregiudizio", smentisce il fatto che usarlo non sia da considerare obbligatorio, contribuendo alla confusione sul tema.  

Non mi sembra superfluo rilevare che la permanenza del 143bis funge da stampella all'attribuzione patrilineare del Cognome ai Figli e dunque all'assenza di una legge che regoli in modo non unilaterale la materia. Se la donna aggiunge al suo il cognome del marito, argomentano alcuni, che bisogno c'è di dare ai figli anche il cognome della madre? Un collegamento con i suoi figli lo ha già. Un collegamento artificioso, discriminatorio in quanto non si prevede la situazione contraria - che cioè il marito aggiunga al proprio il cognome della moglie e si colleghi in tal modo ai suoi figli - e non stabile, perché viene meno con i divorzi. Una stampella, dicevo, uno strumento subdolo per la prosecuzione indisturbata della patrilinearità.

Ill.mo Presidente Mattarella,
la condanna pronunciata dalla CEDU il 7.01.2014 in merito al ricorso Cusan e Fazzo sull’attribuzione del cognome ai figli non si è estinta solo perché è cambiata la Legislatura. Il nostro Stato, nel ratificare la CEDU nel lontano 1955 ha accettato tutti gli articoli in essa contenuti e si è automaticamente posto sotto il giudizio del Tribunale di Strasburgo per ogni violazione di quelle norme.
È mio parere – non so se anche Suo – che richiamare al rispetto delle sentenze emesse e dunque al varo di leggi che riformino normative carenti e lesive della dignità della donna in merito al Cognome dei Figli possa rientrare tra le prerogative costituzionali del Capo dello Stato, che dei vari accordi e trattati internazionali è anche garante. Se però su questo m’inganno non me ne voglia, fermo restando che una Sua qualunque iniziativa di sollecito sarebbe comunque ben gradita alle donne.

Signori Presidenti delle Camere, Signor Presidente del Consiglio, Signor Ministro della Giustizia e Signora Ministra per le Pari Opportunità e per la Famiglia,
la condanna pronunciata dalla CEDU il 7.01.2014 in merito al ricorso Cusan e Fazzo sull’attribuzione del cognome ai figli non si è estinta solo perché perché il tema, distrattamente, non è stato inserito nel “contratto di governo”.
Penso di conseguenza che sarebbe il caso di calendarizzare la discussione delle Proposte di Legge sul Cognome dei Coniugi e dei Figli già presenti in Parlamento, che prevedono anche la modifica del 143bis.
Aggiungo che ove fosse possibile avviare percorsi più brevi, sarei felicissima – e non solo io - se fosse emanato un Decreto Legge per risolvere al più presto questa liturgia maschilista dei cognomi, mitigata solo in parte dalla Sentenza della Consulta 286/2016, che, partendo da una richiesta consensuale di due coniugi per l’attribuzione “anche” del cognome materno alla nascita, ha finito col rendere vincolante p a r a d o s s a l m e n t e il consenso del padre, vanificando in tal modo, sotto questo aspetto, la pari dignità dei coniugi oggi affermata nel nostro ordinamento.

Se però doveste ritenere inevitabile, dato il carattere incerto e ballerino dell’attuale congiuntura politica, rinviare la trattazione integrale del Cognome dei Coniugi e dei Figli lasciando la completa modifica del maschilismo anagrafico corrente a un Parlamento o a un Governo al riguardo più ottemperante di questo, mi rimarrebbe da chiederVi: si potrebbe almeno spazzare via il pesante residuo di una mentalità che offende e smuinisce la figura sociale della donna, sostituendo il 143bis o abrogandolo del tutto già adesso?
Ve ne saremmo sinceramente grate, io e tante altre donne.

Porgo i miei migliori saluti.
Iole Natoli
odg n. 087194

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