No all'uso politico dell'Anagrafe: abolire l'art. 5

No all'uso politico dell'Anagrafe: abolire l'art. 5

Lanciata
22 maggio 2022
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Lanciata da alberto violante

Nel corso degli ultimi anni si sono susseguiti diversi provvedimenti legislativi, approvati per mezzo di Decreti, che hanno imposto sensibili modifiche al Regolamento anagrafico nazionale e a quello dei singoli comuni.  
Nel 2014 il D.L. n° 47, all’art. 5 con l’obiettivo ufficiale di combattere e reprimere l’occupazione abusiva di immobili ha voluto sottrarre il diritto all’iscrizione in anagrafe a chiunque occupi abusivamente un’abitazione. Con questo provvedimento il Governo ha inteso affrontare brutalmente il tema dell’emergenza abitativa attraverso l’introduzione di un nuovo regolamento anagrafico che, come testimonia la cronaca e tutti i censimenti informali, non ha affatto ostacolato la persistenza del fenomeno dell’occupazione di abitazioni ma probabilmente, non avendo agito sulle sue cause profonde, ne ha determinato un allargamento. 
Nel 2018 il D.L. 113 (art. 5 comma 1bis) ha disposto che le persone richiedenti asilo non possano essere iscritte in anagrafe, ma debbano semplicemente indicare un domicilio. Questo nonostante i richiedenti asilo entrati nel programma di protezione siano costretti a dimorare nella struttura loro assegnata e che la durata media della disamina di una domanda di richiesta di asilo presso alcune commissioni territoriali arrivi a due anni. Questo provvedimento –come sappiamo- è stato assai velocemente abrogato dalla sentenza 186/2020 della Corte Costituzionale. Quello che resta è il precedente di aver tentato di legiferare su questa materia addirittura con un provvedimento “di motivata urgenza e necessità” controfirmato dal Presidente della Repubblica. 
I provvedimenti sopra esposti hanno in comune la negazione del concetto di “residenza come dimora abituale” che è alla base del D.P.R 223/1989 per precise ragioni di ordine amministrativo e civile. 
La residenza anagrafica è infatti lo strumento attraverso cui si accede ai servizi che sostanziano il diritto di Cittadinanza in uno Stato, dalla sanità alla scuola. Per pianificare, gestire e valutare quei servizi è assolutamente necessario che la situazione residenziale de facto di una persona, corrisponda a quella anagrafica. 
Per questo motivo, come dimostra la migliore ricerca storiografica, l’Istat ha combattuto –per quanto possibile e nella persona dei suoi dirigenti di allora- contro l’applicazione della legge del regime fascista sull’Urbanesimo, che rappresentava un notevole freno allo sviluppo di un moderno sistema statistico di rilevazione demografica, oltre che una pesante negazione delle scelte di mobilità e dei diritti dei cittadini in quel periodo. storico 
A maggior ragione oggi, in cui l’Istat ha intrapreso la strada dell’innovazione del sistema censuario, che sarà sempre di più basato sull’aggiornamento e la verifica dei registri amministrativi, non è possibile consentire che le Anagrafi e i loro regolamenti restino ostaggio della deriva ideologica che caratterizza il dibattito politico. 
Quando la legalità non incontra i principi di una amministrazione efficiente e della scienza statistica, significa che si è persa la centralità delle persone a cui questi principi devono guardare e tendere. 
Per questo come dipendenti dell’Istituto di Statistica Nazionale chiediamo l’abolizione dell’art. 5 del d.l. 47/2015. 

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