Appello contro il boicottaggio delle università israeliane

Appello contro il boicottaggio delle università israeliane

Lanciata
12 novembre 2023
Firme: 8.747Prossimo obiettivo: 10.000
84 persone hanno firmato questa settimana

Perché questa petizione è importante

Lanciata da Alessandro Silva

(english version below)

Alle colleghe e ai colleghi firmatari della Richiesta di un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale

A professori e ricercatori delle università italiane o che hanno rapporti di collaborazione con università e centri di ricerca italiani 

Alla CRUI 

Al Ministro dell’Università e della Ricerca

Alle cittadine e ai cittadini che hanno a cuore le sorti del Medio Oriente e che temono la recrudescenza dell’antisemitismo

Come membri di comunità accademiche e centri di ricerca italiani e studiosi che hanno collaborazioni con università italiane, nonché come persone comuni che hanno a cuore le sorti del Medioriente, scriviamo questa lettera per scongiurare il rischio di un crescente antisemitismo anche all’interno delle nostre università, e per segnalare allarmanti episodi di regressione culturale e democratica. Manifestiamo il nostro cordoglio ai cittadini di Israele e di altre nazionalità colpiti dal barbaro attacco perpetrato da Hamas, esprimiamo dolore e angoscia per i morti civili di Gaza, manifestiamo l’auspicio che gli ostaggi siano liberati senza condizioni e che le ostilità cessino in tempi brevi. 

Qualche giorno fa è stato presentato al Ministro dell’Università e della Ricerca e alla CRUI, firmato da singoli professori di università italiane, un appello definito come “Richiesta di un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale”, che in seguito chiameremo “Richiesta Urgente”. Dove la Richiesta Urgente propone il boicottaggio delle istituzioni accademiche di Israele, noi proponiamo di rafforzare i rapporti. Spieghiamo perché.

Con la nostra lettera desideriamo sottolineare che la Richiesta Urgente, per quanto “urgente”, non rappresenta il punto di vista della totalità della comunità universitaria. Al contrario, esprime opinioni che molte colleghe e colleghi delle istituzioni di alta formazione respingono con decisione. Travestita da dichiarazione a favore delle vittime palestinesi di questo conflitto, la Richiesta Urgente è un coacervo ideologico che nega la realtà storica e fattuale, oltre a contenere elementi di pregiudizio antisemita. 

A nostra volta sentiamo l’urgenza di ristabilire i fatti. Non perdiamo di vista il ruolo delle università, cioè offrire ai giovani gli strumenti necessari ad analizzare i fatti, distinguere fra storiografia e propaganda, e stabilire la validità di argomenti logici. Non è parte dei compiti delle nostre istituzioni incoraggiare o, peggio ancora, inculcare il pregiudizio. La definizione di pregiudizio è appunto la formulazione di un giudizio a priori, senza considerare i fatti. Alla base della Richiesta Urgente sta appunto un pregiudizio duro a morire contro gli ebrei e il popolo di Israele.

La Richiesta Urgente inizia con alcune affermazioni oltraggiosamente false, e su di esse costruisce il resto del ragionamento, anch’esso da considerarsi tale. Confutiamo i passaggi uno ad uno. 

Per prima cosa vi si afferma che in Israele vi sia un “illegale regime di oppressione militare e Apartheid”: 

Per quanto questa affermazione vada di moda, essa è il frutto di una lettura distorta ed univoca e di una frettolosa semplificazione: la società israeliana è secolare e rigorosamente multietnica, essendo il prodotto dell’incontro tra individui e gruppi dalle più disparate origini. I cittadini arabi (mussulmani e cristiani) che costituiscono circa il 20% della popolazione del Paese, a cui si uniscono altre minoranze non ebraiche, sono parte integrante della vita del Paese, partecipano alla vita culturale e istituzionale, siedono nelle medesime università e nei medesimi uffici e giocano nelle stesse squadre di sport. La popolazione araba è rappresentata in Parlamento e ha anche partecipato, con singoli parlamentari o in quanto parte di cosiddetti ‘partiti arabi’, a precedenti governi. La politica degli insediamenti e la presenza militare in Cisgiordania, passibile di aspre critiche anche all’interno di Israele, non può non essere letta alla luce del contesto geopolitico, fra cui il naufragio degli sporadici tentativi di pace (Accordi di Oslo I e II) per responsabilità condivise e della spirale di violenza che affligge l’area innescata e sostenuta da tutti i soggetti coinvolti.

Il passo successivo della Richiesta Urgente è la caratterizzazione dell’attacco premeditato, brutale e sadico di Hamas quale risposta (forse persino legittima a parere degli estensori?) all’oppressione coloniale sofferta dai palestinesi. Anche in questo caso, la nostra posizione è di netto dissenso. Nella Richiesta Urgente si parla di occupazione coloniale e disumana protrattasi per 75 anni, e cioè dalla nascita dello stato di Israele. Cosa che fa presumere un’identificazione fra sionismo e colonialismo. Viene dunque sottaciuta l’esistenza della risoluzione ONU n. 181 del 29 novembre del 1947 che ha sancito il diritto di Israele di esistere, né si fa menzione della circostanza che Gaza fino al 1967 fosse parte del territorio egiziano. L’operazione di Hamas poi non è il gesto improvvisato di una vittima che ha subito vessazioni, ma il risultato di anni di pianificazione e di investimenti milionari. Hamas le ha dato un nome, come se fosse un’operazione militare legittima: Al-Aqsa Flood. Per esser sicuri di avere potere negoziale i terroristi hanno poi rapito più di 200 ostaggi, di cui 33 bambini. Questa operazione costituisce un punto di rottura nel pluridecennale conflitto arabo – palestinese - israeliano. Innanzitutto, per la brutalità del massacro, fatto di stupri, decapitazioni, roghi di bambini ancora vivi, torture, di cui difficilmente si trovano analogie nella storia più recente. In secondo luogo, perché ha reso evidente la vulnerabilità di Israele alla esplicita volontà di annientamento da parte di Hamas e di altri soggetti internazionali. Nulla giustifica gli atti orripilanti che sono stati commessi. Nulla, nulla può giustificare lo stuprare, fare a pezzi, bruciare vive persone civili ed inermi che si trovano a casa propria. 

Infine, nella Richiesta Urgente si caratterizza la risposta israeliana come “punizione collettiva”, una rappresaglia o vendetta (di nuovo ritorna lo stereotipo antiebraico dell’occhio per occhio), perfino un “genocidio”, invece di vederla per quello che è: un’operazione militare volta a neutralizzare la possibilità che vengano inferti ulteriori attacchi da parte di Hamas. Che questa eventualità non è remota lo affermano tutti i soggetti coinvolti. Non solo i leader di Hamas che hanno ribadito la volontà di espellere tutti gli ebrei dall’area, ma anche altri attori internazionali, come Hezbollah, Iran, Yemen e Siria, che non perdono occasione per negare il diritto all’esistenza di Israele. 

Vogliamo esser chiari: noi firmatari condividiamo l’angoscia e il dolore per l’immensa tragedia che sta colpendo la popolazione di Gaza ed esprimiamo l’auspicio per un’immediata e incondizionata liberazione degli ostaggi e conclusione del conflitto. 

A questa tragedia quale soluzione viene proposta nella Richiesta Urgente? I nostri colleghi richiedono “di procedere con l’interruzione immediata delle collaborazioni con istituzioni universitarie e di ricerca israeliane fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale e umanitario”. A noi docenti e alla Conferenza dei Rettori Universitari Italiana viene chiesto di usare l’unica arma in nostro possesso: interrompere tutti gli scambi e il sostegno accademico, nonché tutte le collaborazioni con le istituzioni israeliane. In breve, ci viene chiesto di farla pagare ai professori, ai ricercatori e agli studenti israeliani, conto che pagherebbe anche la comunità accademica italiana che con quelle studiose e studiosi intrattiene scambi proficui. 

Una richiesta simile non è mai stata formulata nei confronti di altre comunità accademiche in seguito a conflitti che coinvolgevano i loro paesi, come ad esempio quelle statunitensi quando gli Stati Uniti furono coinvolti nella guerra del Golfo. Né del resto esiste un simile boicottaggio nei confronti di università di paesi con politiche brutali e ciniche, come l’Iran e Siria. Criticare Israele e le azioni di un suo governo è legittimo, dipingerlo ideologicamente come stato canaglia no. Ricordiamo che la Commissione europea include nella definizione di antisemitismo anche manifestazioni che hanno ad oggetto lo stato di Israele, tranne nelle ipotesi in cui la critica a Israele sia assimilabile alla critica mossa ad altre nazioni. È evidente che la Richiesta Urgente non ricade in questa eccezione.

Ancor più drammaticamente tutto questo avviene in un clima di crescente antisemitismo. Nelle manifestazioni a sostegno dei palestinesi sono apparse stelle di David associate a cestini della spazzatura, immagini oltraggiate di Anna Frank, e sono stati pronunciati slogan che suggeriscono l’annientamento di Israele (‘Apriteci i confini, uccidiamo gli ebrei’, ‘Dal Giordano al mare’). A Roma alcune pietre di inciampo sono state vandalizzate e stelle di David sono state dipinte su abitazioni di ebrei. L’antisemitismo si manifesta poi in forme molto più subdole e pervasive. I movimenti di boicottaggio di Israele, il tentativo di distinguere antisionismo da anti-semitismo, il negazionismo presente in molti siti web sugli eventi del 7 ottobre costituiscono profondi elementi di allarme. Il senso di profondo sconforto generato da queste irresponsabili manifestazioni di antisemitismo è espresso dalle parole della Senatrice Liliana Segre: ‘(…) mi sembra di aver vissuto invano’.

 

***

 

Dopo l’emanazione delle leggi razziali nel 1938, le università italiane non si sono distinte per grande coraggio. Adesso è il momento di fare sentire la nostra voce per contrastare il crescente odio antiebraico ed anti-israeliano, anche all’interno dell’università.

Chiediamo alla CRUI, alle Università, alle colleghe e ai colleghi, al Ministro della Università e Ricerca di monitorare attivamente il riemergere dell’antisemitismo in tutte le sue forme e di sollecitare l’approvazione di linee guida a questo proposito.

Auspichiamo che una diffusione per quanto possibile corretta e plurale delle vicende relative al conflitto arabo palestinese israeliano possano servire da antidoto a nuove forme di massificazione, di discriminazione, di prese di posizione indistinguibili da slogan, e di odio nei confronti del popolo ebraico. 

Crediamo fermamente nella necessità che professori, studiosi, e ricercatori compiano ogni sforzo perché sulla dolorosa questione delle relazioni Israele e Palestina circoli un’effettiva pluralità di posizioni, smarcata da odiosi pregiudizi e facili semplificazioni. 

Contestiamo infine in modo deciso la proposta di interrompere forme di collaborazione e cooperazione con università israeliane: proposta che oltre a essere ingiusta e dannosa, sembra confermare la temuta identificazione de facto tra critica alle azioni del governo Netanyahu –legittima e condivisibile – e rifiuto delle istituzioni culturali e accademiche israeliane che operano in piena autonomia dalla politica. Al contrario, proponiamo di rafforzare e moltiplicare i programmi di collaborazione e cooperazione con università israeliane, convinti che la ricerca e la formazione siano dei formidabili acceleratori dei processi democratici e di inclusione dei popoli.

Primi firmatari

Lucia Corso, Università Kore di Enna

Mathew Diamond, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, SISSA, Trieste

Alessandro Silva, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, SISSA, Trieste

Raffaella Rumiati, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, SISSA, Trieste

Cosimo Nicolini Coen, Università Bar Ilan University, Ramat Gan, Israel

 

 

(English version)

 Appeal Against the Boycott of Israeli Universities
 
●      To CRUI (Conference of Italian University Rectors)
 
●      To the Minister of Universities and Research
 
●      To professors and researchers at Italian universities or those with collaborations with Italian universities and research centers
 
●      To the colleagues who signed the Urgent Action Request for an Immediate Ceasefire and Respect for International Humanitarian Law
 
●      To citizens concerned about the conflict in the Middle East and the resurgence of antisemitism worldwide.
 
 
As members of Italian academic communities and research centers, as well as ordinary individuals who care about the fate of the Middle East, we express our condolences to the citizens of Israel and other nationalities affected by the barbaric attack perpetrated by Hamas, we mourn the civilian deaths in Gaza, and we hope for the unconditional release of hostages and a swift end to hostilities.
 
On November 4, 2023, an “appeal” entitled “Urgent Request for an Immediate Ceasefire and Respect for International Humanitarian Law” (hereinafter referred to as “the Urgent Request”) was directed to the Italian Minister of University and Research and to CRUI. It has been endorsed by a number of individual professors associated with Italian universities. Whereas the Urgent Request proposes the boycott of Israeli academic institutions, we propose strengthening relationships. Here's why.
 
The Urgent Request, however “urgent” its authors may claim it to be, does not represent the views of the Italian university community uniformly. It expresses opinions that are positively repugnant to many professors, researchers, and others associated with institutions of higher learning. Disguised as a statement on behalf of victims, the Urgent Request is in truth an ideological amalgamation that denies historical and factual reality and is permeated by elements of antisemitic prejudice.
 
We feel our own sense of urgency—urgency to bring its factual inaccuracies to the attention of readers. The danger is that those marching under the banner of victims’ rights tend to have the loudest voices and to command the greatest attention. This is skewing the debate dangerously toward the side that most vociferously complains of victimization.
 
Let us not lose sight of the primary function of our universities; to provide young people with the necessary tools to analyze facts, to distinguish between slogans and historical events, and to assess the validity of logical arguments. It is decidedly not the role of our institutions to encourage –let alone inculcate– prejudice. Prejudice is by definition the formulation of a judgment a priori, without considering facts. Yet at its core, the Urgent Request is built from prejudices that have followed the Jews for centuries, even as they have regrouped in their homeland, Israel.
 
The Urgent Request starts with outrageous claims, and builds upon them. The resulting arguments –constructed, as they are, upon these faulty premises– are tenuous at best. Let us examine each passage.
 
Firstly, it is claimed that there is an “illegal regime of military oppression and Apartheid” in Israel. As fashionable as this statement may be, it is the result of a distorted interpretation of the facts, and hasty simplification. Israeli society is secular and rigorously multi-ethnic, a product of encounters between groups of disparate origins. Arab citizens (Muslims and Christians), constituting about 20% of the country's population, along with other non-Jewish minorities, are integral parts of the country, participating in cultural and institutional life, attending the same universities and offices, and playing on the same sports teams. The Arab population is represented in Parliament and has participated in ruling coalitions. Settlement policies and military presence in the West Bank, subject to harsh criticism even within Israel, cannot be read without considering the geopolitical context, including the failure of sporadic peace attempts (Oslo Accords I and II) due to broadly shared responsibilities.
 
The next step of the Urgent Request is to rationalize Hamas's premeditated, brutal, and sadistic violence as a comprehensible response (perhaps even legitimate, for the authors?) to 75 years of “colonial oppression.” If the onset of colonial oppression coincides with the founding of the modern state of Israel, it can mean only that that, for the Urgent Request, Israel’s existence is by itself an act of illegitimate colonial oppression. But UN Resolution No. 181 of November 29, 1947, the affirmation of Israel's right to exist, is conveniently omitted from the Urgent Request. Hamas's operation is not the impromptu act of a victim who has reached the breaking point, but the masterpiece of years of planning and million-dollar investments. Hamas even certified it as a concerted military operation: Al-Aqsa Flood. To ensure negotiating power, terrorists kidnapped more than 200 hostages, including 33 babies and children. This operation constitutes a turning point in the decades-long Arab-Palestinian-Israeli conflict. Firstly, because of the brutality of the massacre, characterized by rapes, beheadings, burning of live children, and torture, which can hardly find parallels in recent history. Secondly, it made clear Israel's vulnerability to the explicit existential threat wielded by Hamas and other international actors. In response to the Urgent Request, we declare that nothing justifies the horrifying acts that have been committed. Nothing, absolutely nothing, can justify raping, dismembering, burning alive civilian and defenseless people in their own homes.
 
Finally, the Urgent Request characterizes the Israeli response as "collective punishment," a retaliation or revenge (the anti-Jewish stereotype of an eye for an eye returns), even "genocide," rather than what it is: a military operation aimed at neutralizing future similar attacks. After all, Hamas itself defines the October 7 slaughter as the first of many.
 
What solution for this tragedy is proposed by the Urgent Request? The “immediate cessation of collaborations with Israeli universities and research institutions until the respect for international and humanitarian law is restored.” We, as educators and the Italian Conference of University Rectors, are asked to use the only weapon we possess: to cease all exchanges, academic support, and collaborations with Israeli institutions. In short, we are asked to make professors, researchers, and Israeli students (many of them Arab) pay the price. And it is a price that would be borne equally by the Italian academic community as we see the cancellation of fruitful humanistic and scientific collaborations. The Urgent Request begs us to hurt Israelis and to hurt ourselves. A comparable request has never been made against other academic communities. Criticizing Israel and the actions of its government is legitimate; however, ideologically portraying it as a rogue state is not. We cannot help but be deeply skeptical of the motivations of the authors.
 
All this happens in an atmosphere of growing antisemitism. The European Commission has reported a dramatic increasein antisemitic crimes: "Today, European Jews live in fear again." Star of David symbols have been painted on trash bins, images of Anne Frank desecrated, and slogans calling for the annihilation of Israel and its people ("Open the borders, let's kill the Jews," "From the Jordan to the sea") are ubiquitous. In Rome, memorial stones have been vandalized, and the homes of Jews have been defaced with the Star of David. Anti-Jewish threats emerged even before Israel mounted a military response, signifying they are not a defense of Palestinians but a further attack on the October 7 victims. The deep sense of despair generated by these shameless manifestations of antisemitism is expressed in the words of Senator Liliana Segre: "(...) it seems to me that I have lived in vain."
 
The Italian university track record is less than stellar. After the enactment of racial laws in 1938, within one month our universities had identified their Jewish professors and students, destined to expulsion and much worse. On September 20, 2018, the Rector of the University of Pisa, Prof. Paolo Maria Mancarella, apologized on behalf of the entire university system. This courageous recognition of guilt was a step in the right direction, but many of the affronts that Prof. Mancarella recalled with touching sadness have returned in modern garb. Now is the time to make our voice heard to counteract the growing antisemitic and anti-Israeli hatred, first and foremost within the university. Never again is Now.
 
We ask CRUI, universities, colleagues, and the Minister of University and Research to actively monitor the resurgence of antisemitism in all its forms and to promote the approval of guidelines in this regard. We are convinced that a discussion of historical and current events –real history, not easy slogans– can serve as an antidote to new forms of massification, discrimination, and hatred towards the Jewish people. We firmly believe in the need for professors, scholars, and researchers to make every effort to ensure a genuinely pluralistic range of positions on the painful issue of Israel-Palestine relations, free from odious prejudices and facile simplifications.
 
We strongly reject the proposal to interrupt forms of collaboration and cooperation with Israeli universities. On the contrary, we propose to strengthen and multiply collaboration and cooperation programs with Israeli universities, convinced that research and education are formidable accelerators of democratic processes and the inclusion of peoples.

 

 

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