Vogliamo la Giornata Nazionale dell'Antimafia!

Vogliamo la Giornata Nazionale dell'Antimafia!

Lanciata
28 febbraio 2023
Firme: 6Prossimo obiettivo: 10
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Lanciata da Edoardo Marangoni

C'è una “giornata (inter)nazionale” per la qualunque, benissimo: è giunta l'ora di una “giornata nazionale -anzi, internazionale- della Lotta alla Mafia”, anzi, ancora meglio “dell'AntiMafia”. 

Siamo sicuri non sia venuto il momento, proprio oggi in questo 2023, di istituire -per legge, per bacco!- la “Giornata Nazionale della Lotta alla Mafia”?! O anzi, forse ancora meglio: LA “GIORNATA NAZIONALE DELL'ANTIMAFIA”!

Qualche idea sulla data da individuare? Eccome, anche più di una. 

Quasi due, tre giorni paiono i più calzanti.

OPZIONE UNO: 15 GENNAIO.
15 gennaio, 1993. Guidata dal Capitano Ultimo, va in scena l'“Operazione Belva”, nome in codice dell'arresto di Salvatore Riina, detto anche “Toto' u' curtu” o appunto “la Belva” -per merito o a causa, vedete voi, della sua brutalità e ferocia d'azione-, che era latitante dal luglio 1969. Da allora e fino alla morte rimase in carcere per scontare i 26 ergastoli a cui era condannato. Era l'allora “Capo dei Capi” della Mafia siciliana.

Tra 15 e 16 gennaio, 2023, pressoché 30 anni dopo, l'arresto di Matteo Messina Denaro, “erede” -se così si può dire- di Riina quale capo della Mafia. "Abbiamo catturato l'ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93", ha detto il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia nelle prime dichiarazioni alla stampa, ricollegando e dando senso e compimento a tutti questi anni di lotta e indagini.

OPZIONE DUE: 30 GENNAIO.
30 gennaio, 1962. Serafina Battaglia, avvolta in uno scialle e in un velo neri, per la prima volta testimoniò in tribunale contro tre malavitosi di Alcamo. “Mi hanno tolto mio figlio. Finché mi avevano tolto mio marito, non avevo detto niente, ma mio figlio è sangue mio, e io devo reagire”. Non basta? «I mafiosi sono pupi. Fanno gli spavaldi solo con chi ha paura di loro, ma se si ha il coraggio di attaccarli e demolirli diventano vigliacchi. Non sono uomini d'onore ma pezze da piedi». Ancora, a chi le chiese perché si portasse dietro una pistola: «La tengo per difendermi anche se ora la mia arma è la giustizia». 
Lei era Serafina, donna, moglie, madre, e scelse di ergersi, a lungo e assai spesso sola, contro quel muro d'omertà pestifera che ancora avvolge trame e tessuti mafiosi. Prima donna a testimoniare contro la mafia: «Se le donne dei morti ammazzati si decidessero a parlare così come faccio io, non per odio o per vendetta ma per sete di giustizia, la mafia in Sicilia non esisterebbe più da un pezzo».

30 anni dopo, 30 gennaio 1992, ore 16:50. E' il momento in cui viene pronunciata la sentenza della Sezione VI della Corte di Cassazione che sancisce l'esistenza della Mafia in Italia, anche sul piano processuale, confermando le condanne di I grado inflitte a conclusione del Maxiprocesso di Palermo nel 1987.
Ci sono voluti 30 anni per metterlo su bianco. E sono fin pochi: ciò che più dovrebbe farci impallidire sono le vittime, soprattutto quelle innocenti, con particolare onore da tributare a quelle tra le forze dell'ordine e tra i ranghi della giustizia, che si sono letteralmente sacrificate per questa lotta.
La sentenza del 1992 chiude come un cerchio le parole pronunciate dal pubblico ministero accusatore Domenico Signorino nella sua requisitoria del 30 marzo 1987:  «Questo è un processo come tutti gli altri, per quanto smisurato. Ciò che vi chiedo non è la condanna della mafia, già scritta nella storia e nella coscienza dei cittadini, ma la condanna dei mafiosi che sono raggiunti da certi elementi di responsabilità». La condanna dei mafiosi. 

Sono qui ad affermare che una di queste due sarebbe la più appropriate delle date in cui stabilire la “Giornata Nazionale per la Lotta alla Mafia”, anzi la "Giornata Nazionale dell'AntiMafia".

Eppure io credo che sia il 30 gennaio la data migliore. 
Migliore perché il 15 e il 16 si rievocherebbero sempre due mafiosi. Non sia mai qualcuno non afferri che non siano loro ad essere celebrati. 
Sia invece il 30 gennaio la giornata: perché celebra le donne -Serafina per prima, ma mica per ultima!- e gli uomini -del maxiprocesso, dello Stato- che hanno incarnato la Lotta alla Mafia. E che si celebrino anche loro, come persone, perché sono state e stati -e siano ora e per sempre- testimoni fino in fondo.

E ancora: non sia “della Lotta alla Mafia”, ma “dell'AntiMafia”, anche per un certo qual senso di rivincita per così dire, ancora con un legame di calendario. Era il 10 gennaio 1987 quando uscì sulle pagine de Il Corriere della Sera quel pezzaccio di Leonardo Sciascia dal titolo “I professionisti dell'AntiMafia”, dove l'intellettuale siciliano -il cui valore e le cui opere nulla perdono- teorizzava “l'antimafia come sistema di potere”.
A quella affermazione -più che a chi la scrisse- divenuta una espressione non di rado ripetuta e usata come un'offesa in diminutio, va dato uno schiaffo, fortissimo. Che lo si faccia anche istituendo la “Giornata Nazionale dell'Antimafia”.

 

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